Intervista a Paolo Arrigoni, Presidente GSE
Le Comunità Energetiche Rinnovabili rappresentano una chiave d’accesso importante per portare valore ai cittadini, non solo offrendo una nuova cultura energetica ma anche nuovi servizi e possibilità di sviluppo per quartieri e territori. Il nostro Paese su diversi fronti strategici dimostra una certa fatica a “fare sistema” mentre proprio su alcune aree o territori estesi inizia a mostrare da questo punto di vista il proprio lato migliore. È d’accordo?
Le CER, che dopo una lenta fase iniziale si stanno nel Paese sempre più diffondendo e con numeri significativi, stanno rafforzando il ruolo delle comunità promuovendo l’inclusione sociale e al tempo stesso favorendo lo sviluppo delle fonti rinnovabili. Tuttavia, lo scenario futuro è ancora più ampio e sono convinto che le Comunità Energetiche diventeranno strumento efficace per esempio per interventi di efficientamento energetico; è necessario cogliere tutte le opportunità offerte dal Conto Termico – che nella sua ultima revisione prevede esplicitamente la possibilità che siano le CER a richiedere l’incentivo – ma pure guardare alle CER come supporto per l’installazione di infrastrutture di ricarica, di sistemi di accumulo, a favore di gruppi d’acquisto di energia e di servizi di flessibilità. Ritengo che gli operatori delle CER possano diventare interlocutori privilegiati per il Governo nella definizione dei prossimi strumenti di sostegno allo sviluppo delle rinnovabili e dell’efficienza energetica. Altro tema fondamentale riguarda la sostenibilità ambientale, economica e sociale delle CER, la cui comunicazione pubblica si è inizialmente concentrata sul valore economico. Serviranno informazioni più rigorose e complete a proposito, anche con il supporto del GSE, al fine di proporre una narrazione equilibrata e ricordando che il primo vero beneficio delle CER è ambientale. Più Comunità si costituiscono, più impianti rinnovabili si realizzano, contribuendo così in modo concreto alla decarbonizzazione. Si riducono i consumi da fonti fossili e le emissioni climalteranti, e allo stesso si riduce la dipendenza energetica.
Il beneficio economico è in effetti oggi la leva principale di comunicazione.
Certamente il vantaggio a tal proposito è concreto e bisogna tenerne conto; ma si tratta di un aspetto che limita il valore delle CER, che invece possono rispondere a bisogni sociali importanti, favorendo inclusione e partecipazione, diffondendo al tempo stesso una cultura della sostenibilità, fondamentale anche per superare fenomeni come la sindrome NIMBY (“Not In My Back Yard”). Non bisogna dimenticare che attraverso le CER si può sancire una “alleanza” tra il mondo delle imprese ed il terzo settore (e la Pubblica Amministrazione) per il bene della collettività, in particolare in riferimento a quei progetti destinati all’inclusione sociale e che contribuiscono alla lotta contro la povertà energetica. A livello sistemico, inoltre, con l’aumento della produzione da fonti rinnovabili, in particolare dal fotovoltaico, si stanno registrando fenomeni di over generation nelle ore centrali della giornata. Partecipare a una CER significa anche spostare i consumi nelle fasce orarie in cui l’energia è prodotta, contribuendo così alla stabilità della rete. Terna ha recentemente aperto una consultazione e aggiornato una delibera, in origine destinata solo all’eolico, per riconoscere una forma di remunerazione anche agli impianti fotovoltaici che, in caso appunto di over generation, potrebbero essere temporaneamente distaccati dalla rete.
Le CER stanno favorendo forme di collaborazione tra imprese; un fatto a tratti sorprendente.
Si tratta di un aspetto che cito spesso durante i miei interventi pubblici, perché esplicativo di un salto culturale che rende ancor più importante l’evoluzione delle CER stesse. Inoltre, si stanno aprendo nuovi spazi di partecipazione ai progetti, con l’interesse attivo per esempio di consorzi di bonifica o gestori del servizio idrico. Le CER risultano una chiave d’accesso per mondi finora poco affini a quelli energetici, che dimostrano di voler fare parte di questo cambiamento. Registriamo una domanda crescente da parte di nuovi “attori” che vogliono essere riconosciuti come membri delle CER. Le grandi imprese, pur non potendo entrare a farne parte, possono comunque partecipare all’autoconsumo collettivo o a quello individuale a distanza, in qualche modo divenendo complementari ai soggetti che invece sono legittimati a farne parte. Ricordo che le CER nascono da una direttiva europea con l’obiettivo di aggregare famiglie, piccole e medie imprese; ma con equilibrio ognuno può diventare protagonista di questa transizione. È ancora oggetto di discussione anche il tema del tetto massimo di potenza megawatt per impianto; sono convinto che un limite debba esserci, proprio perché gli incentivi hanno un impatto sul sistema tariffario generale.
ENEA porta su contesti urbani e territori processi innovativi legati a concetti di Smart City e Smart Land. Quali affinità vede con l’ambito CER?
Fino ad oggi le Smart City e Smart Land sono state associate soprattutto a tecnologie e servizi digitali, ma spesso è mancato il coinvolgimento diretto del cittadino. Le CER possono diventare quel tassello mancante, portando una visione più concreta e partecipativa alla trasformazione urbana e sovra urbana; una leva fondamentale per il lancio di nuove progettualità territoriali decisamente innovative. Proprio con i rappresentanti di una serie di Green Community, previste anche dal PNRR, abbiamo avuto recentemente un incontro al GSE dove con forza è emerso il ruolo strategico delle CER come acceleratori di innovazione e sostenibilità a livello locale.