CER. Informazione puntuale per far crescere rapporti di fiducia

“Le Comunità Energetiche Rinnovabili possono portare a un duplice obiettivo: creare più consapevolezza sui temi energetici da parte dei cittadini, soprattutto in ottica di efficienza e mettere insieme i vari strati della società in soluzioni di continuità, offrendo possibilità molto importanti. Si tratta di condividere e iniziare un percorso che deve essere partecipato da tutti. Ricordiamoci che l’incentivo economico è ventennale e quindi una comunità energetica che nasce ha un percorso molto lungo, anche transgenerazionale da affrontare.” 

Il tema CER in tutte le sue pieghe grazie al contributo di Andrea Brumgnach, AD Ceress e vice presidente Italia Solare.

Andrea, partiamo dal potenziale del “Progetto CER” per il nostro paese

Si tratta di un percorso che sulla carta ha delle potenzialità incredibili. Siamo appena partiti dai blocchi di partenza, ma non per una gara di 100 metri, bensì per una maratona; siamo ancora lontani dal primo chilometro, se mi permetti una metafora sportiva, e ci aspetta molta strada da percorrere. Quello che abbiamo oggi è un quadro regolatorio ben definito e una forte propensione da parte del GSE, che è l’ente incaricato di sviluppare e definire le regole tecniche, di accompagnare questo percorso di apprendimento e risolvere i dubbi e i colli di bottiglia che possono sorgere con l’avvio di un nuovo meccanismo. Questo, secondo me, conferma la volontà delle istituzioni di fare in modo che questo percorso sia un successo. Dall’altra parte, ci sono operatori che stanno nascendo e si stanno impegnando sui vari territori per concretizzare questa importante soluzione. Le pubbliche amministrazioni, soprattutto i comuni, stanno rispondendo molto bene, anche se ancora a macchia di leopardo sul territorio nazione. Gli sportelli del GSE sono stati aperti l’8 aprile: gli operatori, insieme a associazioni e istituzioni, hanno implementato il percorso di messa a punto e chiarimenti, che ci hanno permesso di capire esattamente come concretizzare tutta la teoria che è alla base del progetto complessivo.

Sia come CERESS che come Italia Solare, partecipi all’osservatorio di ENEA che è suddiviso in tavoli tematici: regolatorio, comunicazione, governance, dati, regioni. Siamo riusciti in qualche modo a renderli simmetrici o ci sono ambiti più avanzati rispetto ad altri?

Premesso che ritengo l’iniziativa di ENEA eccezionale, perché permette di mettere allo stesso tavolo player molto eterogenei tra loro in termini di dimensioni, presidio dei territori e organizzazione, questa diversità è una fonte di enorme ricchezza. Ogni volta che partecipiamo agli incontri dell’osservatorio emergono spunti di confronto veramente costruttivi. Non c’è nessuno che assume il ruolo di insegnante ma c’è molta voglia di imparare reciprocamente. Non vedo particolari differenze di avanzamento tra i tavoli. Le discrepanze, se ci sono, sono più legate all’oggetto di discussione. Ad esempio, la parte fiscale è ancora in itinere perché l’Agenzia delle Dogane non si è ancora espressa su una serie di situazioni che devono ancora essere chiarite. Allo stesso modo, ci sono ancora dubbi sulla platea di soggetti giuridici che possono essere CER. D’altra parte, il segmento economico-finanziario trova dei minimi comuni denominatori. Il fronte del marketing e della comunicazione è particolarmente interessante, perché mostra come ogni soggetto cerchi di sviluppare una comunicazione puntuale ma anche accattivante. È fondamentale far conoscere questo meccanismo e catturare l’attenzione in un momento storico in cui le statistiche indicano che la soglia di attenzione è molto bassa.

Rispetto alle tematiche trattate dai tavoli di lavoro, ci sono punti su cui siamo più avanti rispetto ad altri?

Le società che sviluppano piattaforme sono già avanti da tempo, e il loro tavolo è estremamente cruciale come punto di discussione. Attualmente, la maggior parte delle piattaforme deve ancora mettere in pratica la loro potenzialità. È importante capire se tutto il lavoro svolto dagli informatici genera effettivamente output di valore. In teoria, la risposta è sicuramente sì, ma facciamo un esempio tecnico: nel caso del PNRR (contributo in conto capitale del 40%), alcune utenze potrebbero vedere una riduzione della tariffa premio sulla condivisione dell’energia, generando una potenziale confusione sui meccanismi alla base della priorità di condivisione dell’energia. Gli algoritmi delle piattaforme devono poter fornire degli output di calcolo semplici e chiari che possano aiutare i membri della CER a comprendere a fondo il meccanismo di calcolo relativo al corrispettivo atteso. Saranno necessarie implementazioni per gestire le diverse situazioni. Sebbene sembri semplice in apparenza, anche le piattaforme sono in continua evoluzione. Hanno già messo in pratica molte teorie, ma nei prossimi 12 mesi ci saranno continui aggiornamenti, nuove funzionalità e correzioni per affrontare sfide emergenti. Pertanto, anche se sono in anticipo rispetto ad altri settori, non ci si può permettere di riposare sugli allori. Non c’è un pacchetto finito: è un processo in continua evoluzione.

Assistiamo ad una discussione sulle piattaforme: conviene dotarsene per chi gestisce una CER? Dovranno dotarsene anche i cittadini?

Hai sollevato un tema cruciale. Fortunatamente, non ci troviamo in un mercato chiuso, ma in uno aperto, dove ogni software house ha una sua idea di sviluppo delle piattaforme. Tuttavia, sto notando cambiamenti repentini nelle strategie e negli approcci, anche in termini di costi. Da un lato, la mancanza di prove concrete sul reale valore aggiunto delle piattaforme non consente di quantificarne il ritorno sull’investimento in modo chiaro. Dall’altro, una serie di servizi fondamentali per le comunità energetiche, come i servizi ancillari, sono ancora lontani dall’essere implementati, poiché stiamo ancora costruendo le prime vere comunità. Attualmente, la parte visibile dell’iceberg è solo una piccola frazione di ciò che è possibile implementare. 

Sto osservando strategie interessanti di differenziazione nel posizionamento dei prezzi, il che indica che il mercato sta iniziando a delineare delle tendenze che solo il tempo potrà confermare.

Parliamo da mesi di CER a trazione pubblica e industriale, o comunque legata allo sviluppo anche economico dei territori. Qual è l’ambito dove inizierà a funzionare da subito il modello?

Ritengo che la pubblica amministrazione sia fondamentale per diffondere il messaggio a tutti gli strati della società. Quando la PA sponsorizza o patrocina un’iniziativa del genere, riesce a raggiungere la stragrande maggioranza dei cittadini. Tuttavia, ci sono delle tempistiche burocratiche che la rendono meno reattiva e veloce nell’implementare azioni concrete. Al contrario, le aziende hanno più agilità nel prendere decisioni e nel mettere in pratica le proprie iniziative senza dover aspettare il via libera da altri soggetti. Ritengo che oggi la domanda più importante alla quale PA e imprese devono trovare risposta è se creare una propria CER o entrare in una CER esistente. Personalmente ritengo che lo sviluppo della normativa unita alla piena conoscenza delle regole di gestione di una CER dovrebbero far propendere sia gli uni che gli altri verso la seconda, ossia verso l’ingresso in una CER esistente che opera a livello di multi configurazioni. 

I piccoli comuni dovranno necessariamente lavorare in rete se vorranno creare piani di sviluppo territoriale; ritieni che le CER possano aiutare a velocizzare questo processo?

Sono convinto di sì anche se si tratta di un cambiamento culturale e come tale necessita di tempo. Prendo l’esempio dall’attività della mia azienda: nella sola regione Lombardia abbiamo sottoscritto accordi con diverse decine di Comuni con l’obiettivo di supportarli nella realizzazione della loro CER. Quando abbiamo costituito la nostra prima comunità di zona di mercato, ossia un unico soggetto giuridico che può generare molte configurazioni, almeno una per ogni cabina primaria, abbiamo contattato tutti i comuni di cui sopra, chiedendo solo se intendessero continuare nel progetto originario di creazione di singole CER oppure entrare nella nostra. Più del 65% dei comuni che abbiamo contattato ha mostrato un interesse avanzato e ha espresso la volontà di entrare a far parte della nostra iniziativa. Questo dato mi fa ritenere che ci sia una reale volontà di costruire una massa comune, una sinergia reale e di mettere in relazione risorse che possano superare i confini dei singoli piccoli comuni. 

Tecnicamente è dunque possibile? 

Non solo è possibile ma ritengo che il futuro delle CER sarà soprattutto quello di aggregatori multi configurazioni. Con i chiarimenti del GSE di metà ottobre, abbiamo compreso che una CER può operare su tutto il territorio nazionale. Questo significa che abbiamo la possibilità di concentrare tutta la burocrazia e tutti gli aspetti tecnici a livello centrale, lasciando che le configurazioni locali siano sollevate da qualsiasi tipo di incombenza. Il tempo ci sta insegnando che l’aspetto più critico non è quello della scelta del soggetto giuridico bensì la capacità di gestire tutte le regole tecniche, amministrative e burocratiche. Centralizzando queste incombenze in un soggetto che opera a livello nazionale, si permette agli attori locali di salvaguardare il loro interesse senza doverli costringere a dotarsi di competenza spesso difficili da reperire in loco.

È possibile per un comune entrare in corsa o è invece indispensabile partire dall’inizio per partecipare alla CER?

Uno degli aspetti positivi delle CER è che l’ingresso e l’uscita sono liberi: questo significa che ogni soggetto può decidere quando entrare a far parte di una CER valutando con attenzione lo statuto e le eventuali regole di ingaggio. Pertanto, un comune ha il potere di decidere autonomamente quando entrare e in quale CER. Prendiamo ad esempio un ente locale che intenda entrare con i suoi edifici in una CER. L’ente potrà verificare quante comunità energetiche operano sul suo territorio e quali hanno già realizzato delle configurazioni: sulla base di queste informazioni potrà iniziare a dialogare con questi soggetti e valutare, oltre allo statuto, anche gli aspetti organizzativi e il livello di autonomia che viene lasciato alle configurazioni. Questo dialogo è fondamentale per poter creare delle realtà territoriali realmente convinte della scelta fatta e pronte a spendersi per la diffusione del progetto. 

Lavorate in cittadine di aree metropolitane molto urbanizzate, come ad esempio Paullo, ma anche come zone montane. A tuo parere quali territori presenteranno i modelli più efficaci?

Non vedo grandi differenze se non per una questione di organizzazione. Il nostro comune più piccolo conta solo 140 abitanti e ha avuto bisogno del supporto della Regione per avviare un’attività di questo tipo. Tuttavia, una volta avviata, il comune si è dimostrato estremamente virtuoso e proattivo. Non ha manifestato manie di protagonismo individuale. D’altro canto, il comune più grande è più strutturato e dispone di maggiori risorse e di un apparato comunale più sviluppato che facilita determinati percorsi. Il comune più piccolo, pur essendo meno pronto, può comunque essere altrettanto efficiente e veloce se guidato da individui proattivi. La velocità dipende più dalle persone coinvolte e dalla loro determinazione che dalle dimensioni del comune stesso.

Quindi un interlocutore colto e proattivo può costituire un elemento di accelerazione dei processi? 

In ventiquattro anni nel mondo dell’energia, ho attraversato molte fasi e ho visto l’emergere di numerosi mercati e iniziative, tra cui la liberalizzazione del mercato dell’energia e del gas, i titoli di efficienza energetica, i conti energia e il conto termico. Tuttavia, questa è la prima volta che noto una così grande voglia di agire da parte della pubblica amministrazione. Gli amministratori pubblici hanno compreso che questo può essere un vantaggio tangibile per i loro cittadini, soprattutto quelli meno fortunati. Questo segnale di proattività mi sorprende positivamente. Tuttavia, per includere queste iniziative nei piani programmatici delle giunte, è necessario che ci sia un supporto proattivo da parte degli operatori del settore. In Italia, la burocrazia e altri fattori possono rallentare o addirittura bloccare un progetto, quindi è essenziale avere persone competenti nei ruoli chiave. La mancanza di proattività da parte di un elemento fondamentale della catena come la PA può rallentare o bloccare un progetto, come ho visto in diverse occasioni. Il GSE e l’ENEA hanno svolto un lavoro significativo nel diffondere informazioni a tutti i livelli, contribuendo così a una maggiore attenzione verso questi temi.

Avete organizzato molte serate in diversi territori dove erano presenti sia organi politici che tecnici ma soprattutto cittadini. Questo senso di comunità sta emergendo andando oltre la convenienza economica?

Abbiamo organizzato centinaia di serate in giro per l’Italia, incontrando vari soggetti di diversa estrazione, cittadini, imprese, professionisti. Non vedo un minimo comune denominatore; tuttavia, dove c’è un’amministrazione forte e credibile si riesce a superare la diffidenza iniziale. La loro parola sopperisce alla mancanza di conoscenza specifica sul tema o suoi relatori della serata. Non ti nascondo che, soprattutto nei cittadini, l’aspetto economico lascia spesso molte perplessità. Forse perché nel tempo si erano create delle aspettative che sono state per ora disattese. Partecipare come semplice consumatore a una comunità energetica ti dà un risparmio economico annuale molto limitato. Chi si aspettava di risolvere i propri problemi economici partecipando a una comunità rimane deluso. Quando l’aspettativa è troppo alta, la realtà può sembrare insoddisfacente. Tuttavia, insistendo nel fornire formazione e informazione, le persone si rendono conto che, sebbene il risparmio economico sia contenuto, i costi sono nulli e i rischi inesistenti. Questo richiede un alto livello di fiducia che deve essere ripagato da un approccio trasparente, professionale e chiaro. Quando spieghiamo i vantaggi di entrare in una comunità energetica rinnovabile dobbiamo evitare tecnicismi inutili che possono solo creare confusione. Pe questo credo molto nell’informazione continuativa. Quando qualcuno diventa membro di una comunità deve poter ricevere informazioni periodiche, anche piccole pillole, e deve poter avere la possibilità di fare domande. Stiamo cercando di creare una cultura energetica. Ancora oggi, nel 2024, la maggior parte della popolazione non sa leggere la fattura dell’energia elettrica oltre alla cifra dell’imponibile in prima pagina. Uno dei compiti delle comunità energetiche è spiegare anche queste cose con piccole pillole informative che aiutino le persone a capire la propria fattura. L’istruzione è alla base del progresso. Dobbiamo superare l’idea che tutto sia immutabile e che non ci sia speranza di progredire. Ripeto, credo molto nell’aspetto didattico e informativo da parte di chi dovrà gestire le CER. L’Osservatorio ENEA unisce i vari operatori che collaborano sui progetti, con un’etica bellissima. Condividiamo queste idee perché devono essere di tutti e, se recepite da più operatori, possono ampliare la platea di cittadini italiani aumentando il livello di consapevolezza complessivo.