Il rapporto tra Comunità Energetiche e sviluppo territoriale si fa potenzialmente sempre più stretto. Una sorta di antidoto al problema dello spopolamento di alcune zone del paese, a favore della valorizzazione di aree anche remote. Ne abbiamo parlato con Paolo Ferrari, Responsabile Area Tecnica Comunità Montana Valtellina di Sondrio.
Di Emanuele Martinelli e Martina Ginasi
La produzione di energia sempre più si lega a una strategia di sviluppo sostenibile e inclusiva a favore dei territori. È d’accordo?
Credo che le Comunità Montane rappresentino un ambito territoriale ottimale per affrontare adeguatamente il problema del progressivo spopolamento. Non sono piccole come i singoli comuni, che si trovano a gestire problematiche quotidiane e ordinarie, ma nemmeno vaste e diversificate come una provincia, come quella di Sondrio per esempio, che comprende zone con esigenze molto diverse tra loro. La nostra Comunità Montana, che annovera 21 comuni, ci consente di avere una visione d’insieme del territorio, individuandone le potenzialità e gli sviluppi, e di concentrarci su una programmazione strategica di medio e lungo periodo. Abbiamo l’opportunità di stimolare i singoli Comuni nel partecipare a progetti di respiro più ampio, come quello delle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER); a cui anche noi abbiamo aderito, con un’iniziativa nata a metà del 2022 quando il quadro legislativo non era ancora chiaro. Parallelamente si era aperto un bando del PNRR a favore dello sviluppo di Green Community, che includeva la tematica dell’energia. Abbiamo dunque deciso di concentrarci sullo sviluppo delle CER, avvalendoci anche del supporto di professionisti esperti del settore. Successivamente, Regione Lombardia ha pubblicato una manifestazione di interesse a cui potevano partecipare solo i Comuni (non le Comunità Montane) a cui abbiamo offerto supporto tecnico, stimolandoli a partecipare e individuando alcuni di loro come capofila.
Un’iniziativa lodevole che ha fatto da “palestra”.
Inizialmente era necessario costituire una CER per ogni cabina primaria, quindi abbiamo studiato il territorio suddividendolo in quattro aree corrispondenti a quattro cabine primarie appunto. Abbiamo preparato tutti i documenti richiesti, compresi business plan e analisi delle potenzialità, coordinando i comuni durante l’intero processo. Contestualmente, abbiamo continuato a lavorare al nostro progetto di Green Community, con l’obiettivo di arrivare entro il 2026 (data di chiusura del PNRR) alla costituzione effettiva delle CER. Nel frattempo, è stato pubblicato un ulteriore bando che prevede un contributo del 40% per i soggetti aderenti alle CER che realizzano impianti a fonti rinnovabili. Questo ha accelerato il nostro impegno e ci ha spinti a dare un forte impulso al progetto stesso, portandoci, il 9 dicembre 2024, alla costituzione ufficiale della nostra CER. Con i decreti attuativi del GSE di quest’anno abbiamo capito che era possibile creare un’unica CER per la Comunità Montana con quattro configurazioni, ottenendo economie non solo economiche, ma anche burocratiche e gestionali. L’aspetto burocratico, infatti, è diventato un elemento critico: oggi non basta una buona economia di scala economica, ma serve anche una gestione efficiente delle complessità amministrative e legislative. La digitalizzazione promette benefici a lungo termine, ma nel breve periodo richiede un grande impegno, soprattutto per gestire richieste continue di dati e informazioni da parte di vari enti. Nonostante la complessità, abbiamo raggiunto l’obiettivo di creare una CER che offre opportunità sia agli enti pubblici sia ai privati, permettendo loro di accedere a un contributo significativo del 40% sugli investimenti. Questo risultato rappresenta un passo importante verso uno sviluppo sostenibile del nostro territorio.
Avete quindi coinvolto aziende private del territorio di diversa estrazione e anche di diversa taglia?
Certamene, e alcune in particolare hanno mostrato subito grande interesse per un progetto percepito come opportunità concreta. Imprese interessate a realizzare impianti fotovoltaici anche di 200 kilowatt di picco. Ciò che le motiva maggiormente, oltre ai vantaggi energetici, è la possibilità di ridurre al minimo la burocrazia. Proprio questo è un punto cruciale: molti imprenditori mi hanno riferito che esistono altre opportunità, come Industria 5.0, ma che queste comportano una complessità burocratica significativa, con carte da compilare e regole da rispettare che scoraggiano molte aziende. In questo contesto, il bando PNRR rappresenta una valida alternativa. L’idea di poter aderire a una CER già costituita da un ente pubblico, con procedure semplificate e contributi significativi, abbassa notevolmente le barriere di ingresso rispetto ad altre forme incentivate. Un aspetto tutt’altro che trascurabile. Per quanto riguarda la nostra CER, abbiamo dunque lavorato per agevolare ulteriormente l’adesione. Ad esempio, per gli enti pubblici abbiamo previsto un contributo una tantum, gli enti fondatori hanno versato 1500 euro per creare un fondo di garanzia, necessario dato che la nostra è un’associazione riconosciuta con personalità giuridica. Questo fondo tutela i patrimoni dei soci rispetto alle attività svolte dall’associazione. Per i privati invece – cittadini, piccole e medie imprese – abbiamo eliminato ogni barriera economica: non chiediamo né quote di ingresso né quote associative. L’obiettivo è stimolarli ad aderire, a investire nelle loro strutture e, soprattutto, a sfruttare i fondi del PNRR. In questo modo, incentiviamo lo sviluppo di nuovi impianti e l’adozione delle CER come strumento per sostenere il territorio.
Da dieci anni, con Energia Media, abbiamo cercato di avviare progetti strutturati sotto il marchio Smart Land Italia, con l’obiettivo di coinvolgere stakeholder territoriali di diverse estrazioni in un percorso condiviso di sviluppo. L’idea alla base era creare sinergie tra comuni, imprese, comunità montane e altri attori, ma spesso è sembrata un’utopia. Ogni Comune tende a lavorare per conto proprio, anche all’interno delle Comunità Montane, dove la collaborazione non è sempre solida. Le imprese, poi, appaiono spesso come un mondo separato, mentre le Utility svolgono un ruolo di coordinamento limitato. È uno scenario fatto di compartimenti stagni, dove manca una reale coesione. In questo contesto, il tema delle CER offre una potenziale chiave di svolta. Potrebbe rappresentare un accesso per cambiare cultura e mentalità, superando quel modello “a silos” che limita lo sviluppo territoriale.
Si tratta di una sfida davvero interessante. Ciò che più mi ha incuriosito e colpito di questo nuovo paradigma offerto dalle CER è proprio l’idea di poter unire secondo nuovi criteri diversi attori: pubblico, privato, piccole e medie imprese, cittadini e liberi professionisti. Finalmente si è scelto di provare a collaborare, offrendo incentivi e opportunità che creano vantaggi per tutti garantendo un equilibrio dove ciascuno possa trarre un beneficio. Questo approccio non solo è positivo, ma rappresenta un modo concreto per migliorare la questione energetica a livello nazionale ed europeo. La recente crisi legata alla guerra ci ha mostrato quanto siamo dipendenti da altri paesi per le risorse energetiche, quando invece abbiamo tutte le potenzialità per diventare progressivamente più autonomi. Lavorando in un ente pubblico, conosco bene le realtà locali, regionali e statali, soprattutto nella nostra zona. Allo stesso tempo, interagisco con altri cittadini e con le piccole e medie imprese del territorio. Spesso ci troviamo bloccati da certi cliché: si pensa che il pubblico sia inefficiente o che i privati siano solo opportunisti ed evasori. Ma collaborando in un progetto comune, ci si rende conto che la realtà è ben diversa. Ci sono molti enti pubblici che si impegnano tantissimo per il bene collettivo, tanti cittadini responsabili e consapevoli, e numerose piccole e medie imprese che lavorano con serietà e trasparenza. Anzi, ritengo siano la maggior parte. Progetti come le CER possono contribuire a superare questi stereotipi e favorire una cooperazione autentica, dimostrando che lavorando insieme si possono ottenere risultati concreti e positivi per tutti.
Le CER rappresentano un’opportunità interessante, ma in termini economici forse non è ancora del tutto chiaro quali saranno i reali vantaggi. Ha un ruolo importante una corretta comunicazione.
È necessario far comprendere che l’obiettivo delle CER non è fare soldi, pur offrendo un contributo concreto dal punto di punto di vista economico; ma far comprendere che il contributo di tutti offre un reale sostegno allo sviluppo del territorio e a una maggior indipendenza energetica del paese. La dipendenza energetica europea è un fatto grave che va affrontato con molteplici provvedimenti. Il messaggio che deve passare è che stiamo lavorando per uno sviluppo locale che coinvolge tutti. Dobbiamo comunicare chiaramente il valore di questo progetto in termini di sostenibilità a vantaggio di una maggior autonomia e di una prospettiva a favore delle nuove generazioni.
A che punto siete in temini burocratico-amministrativi?
Stiamo ormai completando le pratiche amministrative e abbiamo già ottenuto un buon riscontro: alcuni comuni al di fuori della nostra comunità montana hanno apprezzato il percorso effettuato e mostrato interesse nel partecipare al progetto. Ad esempio, cinque comuni della comunità montana di Tirano e uno dell’Alta Valle hanno deciso di aderire. Hanno già deliberato e ora stiamo completando la fase burocratica. Anche questi comuni hanno piccole e medie imprese interessate a partecipare al bando PNRR, quindi il passaparola e la connessione tra le aziende e i comuni stanno già dando i primi frutti e aiutano a far partire la CER. Vogliamo dunque supportare le imprese, aiutarle a comprendere l’opportunità e a coglierla senza, ripeto, dover affrontare una burocrazia complessa. L’ingresso nella CER sarà semplice, tramite una domanda via PEC. Una volta completata quella fase, dovranno seguire le pratiche del PNRR, che comunque non sono eccessivamente gravose.
Si parla sempre più di “nomadi digitali” e credo che l’idea di avere punti d’appoggio in queste zone sarebbe un valore anche per tanti giovani. Poter contare su infrastrutture avanzate andrebbe incontro alla volontà di molte persone di dividere il proprio tempo tra città e montagna, anche a fronte dei cambiamenti climatici in corso.
Da tempo cerco di sottolineare ai nostri amministratori che abbiamo oggi un’opportunità straordinaria, grazie anche al possibile traguardo di un’autonomia energetica. Inoltre, la connettività, che una volta era complicata, ora è facilmente accessibile anche in montagna; a fondo valle arriva la fibra mentre in zone più difficili come la nostra, esistono sistemi wireless come Eolo – che ha fatto un lavoro eccellente – e che in futuro vedrà operatori come Starlink che potrebbero portare internet attraverso collegamenti via satellite. La nostra bellezza, il paesaggio, l’aria pulita, potrebbero diventare un punto di forza per attrarre non solo i turisti che vengono a fare passeggiate, sciare o raccogliere funghi, ma anche coloro che vogliono venire a lavorare, cercando un ambiente rilassante e verde. Ricordando sempre che ci troviamo a meno di due ore da Milano, la città con maggior capitale economico, finanziario e digitale. Abbiamo vicino anche il lago di Como, oggi attrazione mondiale, le nostre valli, il cibo buono, il vino pregiato e molte altre opportunità.
Avete attivato processi di ottimizzazione delle infrastrutture?
Nel 2011 è iniziato un percorso di centralizzazione dei servizi informatici dei comuni del territorio; gli amministratori hanno compreso che si trattava di un ambito troppo complesso per essere gestito da ogni singolo comune. La società Eolo si è dunque aggiudicato il bando di gara relativo e abbiamo così installato un sistema con frequenze licenziate che ci consente di raggiungere 100 megabit simmetrici in tutti i comuni. Da quasi 15 anni lavoriamo sullo sviluppo digitale del territorio, centralizzando gli applicativi grazie a una piattaforma avanzata in continua implementazione. Un percorso che ha favorito la crescita di opportunità lavorative anche per chi lavora a Milano o in altre città contigue, grazie anche a un cambio di mentalità post covid all’insegna della flessibilità.
La possibilità di raccogliere e analizzare dati provenienti da fonti diverse fornisce alle pubbliche amministrazioni nuovi strumenti di governance per strutturare piani di sviluppo a breve, medio e lungo termine. Pensi che le CER si inseriscano in questo processo che può portare alla definizione di nuovi servizi?
Il progetto di Green Community che abbiamo avviato si appoggia senz’altro su una miglior conoscenza del territorio anche attraverso l’analisi di dati; sta portando, tra l’altro, all’implementazione di pannelli fotovoltaici e di colonnine per la ricarica, con l’obiettivo di sviluppare ulteriormente la mobilità elettrica, sia per le biciclette che per le auto. Va in questa direzione orientata alla sostenibilità l’acquisto di mezzi elettrici per il trasporto pubblico e operativo, di tre furgoni elettrici per lo spostamento di persone, inclusi disabili; e la creazione di un nuovo servizio per il trasporto di persone dalla Valmalenco agli ospedali. Inoltre, stiamo acquistando due spazzatrici elettriche per la pulizia delle strade comunali e mezzi per lavori stradali; passare all’elettrico per questi trasporti non è solo una questione di sostenibilità, ma anche un’opportunità per la pubblica amministrazione di familiarizzare con la gestione di questi veicoli, con i punti di ricarica, e anche di fungere da esempio per la comunità locale, incentivando l’adozione di soluzioni di mobilità più ecologiche. Prima di avviare il progetto della Comunità Energetica – che stiamo sviluppando con importanti partner nazionali come Energy4Com – avevamo partecipato a un progetto Interreg insieme al Comune di Sondrio, per la creazione di una rete di piste ciclopedonali. In questo progetto è inclusa la mobilità con biciclette elettriche e l’acquisto di mezzi elettrici per persone disabili, che possono utilizzarli gratuitamente. Abbiamo installato punti di ricarica per biciclette lungo le nostre ciclabili, continuando a promuovere l’utilizzo di mezzi sostenibili.
Un percorso in continua evoluzione grazie anche al coinvolgimento attivo dei cittadini, quindi.Certamente, e lo sviluppo di soluzioni digitali integrate per gestire questi sistemi sta portando a nuove soluzioni in risposta a bisogni concreti del territorio; va in questo senso per esempio la gestione dell’antincendio boschivo, con l’utilizzo di un sistema di telecamere che può monitorare da remoto il territorio favorendo rapidi interventi. Sono molte le opportunità che ci si offrono, sia per la gestione intelligente dei servizi pubblici che per stimolare i nostri ragazzi a vivere e lavorare nella nostra bellissima valle. Cultura e competenze sono sempre le parole chiave per ridurre o evitare un fenomeno socialmente