Intervista a Alessandro Bortoletto, Innovation Manager di City Green Light, tra i partner più avanzati di ENEA
La collaborazione tra ENEA e City Green Light è ormai consolidata e duratura, che bilancio possiamo fare del lavoro svolto finora?
La collaborazione con ENEA è nata dai primi esperimenti di costruzione di un’anagrafica nazionale degli impianti ad alta intensità energetica, in particolare per l’illuminazione pubblica; si è sviluppata nel corso degli anni attraverso il progetto PELL e si è evoluta rapidamente, assumendo diverse forme. “Conoscere per deliberare” diceva Einaudi. Un concetto che racchiude l’essenza di quello che abbiamo portato avanti fin dalle prime esperienze con City Green Light e che abbiamo ritrovato nell’esperienza con ENEA: la consapevolezza che per gestire un bene così come un’infrastruttura bisogna prima misurarla. Solo conoscendo un fenomeno si possono valutare le azioni necessarie per gestirlo efficacemente e concretamente. Una filosofia che ci ha da subito accomunato e ha permesso di mettere a frutto le competenze aziendali, soprattutto per quanto riguarda la pubblica illuminazione e, più recentemente, l’efficientamento energetico. Per noi, questo significa realizzare progetti che abbiano un impatto non solo ambientale, ma anche sociale ed economico. Abbiamo iniziato con attività specifiche per definire lo standard PELL dedicato alla pubblica illuminazione; oggi il progetto si è evoluto ed è stato declinato su scuole e ospedali. Si sta costruendo quello che mi piace chiamare l’ecosistema PELL, uno strumento che non si limita a misurare le infrastrutture, ma che si espande verso una dimensione più qualitativa.
Una collaborazione su più fronti integrati quindi.
Con questo approccio è stato testato l’Urban Check Up Model concepito da ENEA con l’Università dell’Insubria. Si tratta di uno strumento che mappa lo stato dei servizi urbani, offrendo una fotografia dinamica delle infrastrutture e dei consumi. Mentre il PELL si concentra su dati infrastrutturali, questo nuovo tool fornisce un quadro complessivo dei servizi, aiutando a stabilire standard minimi di innovazione per i comuni, adattandosi alle loro caratteristiche specifiche, come le peculiarità turistiche o la vocazione industriale. In questo modo, si può supportare adeguatamente la pianificazione locale. Il PELL rimane però al centro della nostra collaborazione con ENEA, perché rappresenta uno strumento essenziale per gestire gli asset pubblici. Attraverso il PELL creiamo un’anagrafica delle infrastrutture che ci permette di programmare interventi di efficientamento e, allo stesso tempo, di monitorare dinamicamente i consumi energetici e altre variabili sul campo.
Quali sono i punti salienti su cui è cresciuta la vostra collaborazione?
Nata con un certo grado di timidezza abbiamo nel tempo messo a disposizione il nostro know-how lavorando a stretto contatto con ENEA sugli standard sviluppati grazie al PELL. Dopo un naturale periodo di rodaggio la metodologia di lavoro interattiva ha funzionato molto bene. Per ENEA significa ottenere feedback molto pratici, dal campo, essenziale per le loro iniziative di ricerca. A differenza di altri laboratori più accademici, ENEA applica soluzioni innovative a livello nazionale ma adattate ai singoli territori. Il confronto diretto con la nostra azienda, che vive a contatto con i comuni e ne gestisce gli asset, permette a ENEA di avere un riscontro concreto sulle criticità e sui problemi reali, aiutandoli a perfezionare standard e strumenti in base alle necessità pratiche e scientifiche. Per noi il valore della collaborazione risiede nel trasferimento tecnologico dal dominio accademico e della ricerca alla pratica. Avere accesso a professionalità di alto livello e metodologie di lavoro standardizzate è un vantaggio enorme. Non solo quindi trasferiamo la nostra expertise, ma riceviamo indicazioni su best practices a livello nazionale nella gestione dei dati e delle anagrafiche. Questo rapporto è sicuramente vantaggioso per entrambe le parti, creando una situazione win-win.
Il dialogo con ENEA ha favorito il confronto con i comuni. Ha contribuito a far crescere professionalità e competenze? Ha stimolato un maggiore desiderio da parte dei comuni di evolversi e migliorarsi?
Introdurre nel nostro dialogo con i comuni un terzo ente come ENEA, che ha un ruolo sia di ricerca che istituzionale, è stato decisamene utile. ENEA agisce da garante della validità dei principi e quando ci sediamo con comuni ed ENEA, affrontiamo tematiche di rilevanza nazionale e, a volte, internazionale. Questo approccio ci permette di affrontare i problemi direttamente, applicando metodi scientifici per trovare soluzioni che rispondano ai bisogni specifici dei comuni ma con una visione più ampia. Il dialogo è quindi diretto e orientato alla risoluzione dei problemi, considerando tutte le variabili economiche e mantenendo una comunicazione franca. Tutto ciò che emerge da questi incontri è applicabile, specialmente nel contesto macro della sostenibilità. Si tratta di un rapporto con un potenziale enorme, abbiamo fatto progressi significativi nel tempo ma in realtà siamo solo al primo passo. La questione delle anagrafiche e degli aspetti dinamici è importante, ma ci troviamo di fronte a due fenomeni fondamentali: uno metodologico e uno tecnologico. Quello metodologico riguarda la revisione del concetto stesso di efficientamento energetico. In passato, ci si concentrava principalmente sulla sostituzione di tecnologie obsolete. Oggi stiamo assistendo a una transizione verso un modello reingegnerizzato che si focalizza sulla gestione ottimizzata degli asset ad alta intensità energetica, con un forte focus sui dati. Dal punto di vista tecnologico, due innovazioni stanno avendo un impatto enorme: l’intelligenza artificiale e la blockchain. Queste tecnologie trasformeranno radicalmente processi e obiettivi ed è ormai inevitabile considerarle nel nostro quotidiano, stanno diventando parte integrante della nostra realtà e devono essere incluse nella nostra strategia per l’efficientamento e la sostenibilità. Trend tecnologici e metodologici ci verso un percorso di continua evoluzione ed ENEA avrà un ruolo chiave per accompagnare la transizione verso la riqualificazione pubblica.
Quanto è stato importante prendere coscienza del fatto che il PELL si potesse declinare su altri ambiti d’intervento?
L’illuminazione pubblica rappresenta un ottimo use case perché è un ambito chiaro e ormai consolidato. Il tema della riqualificazione a LED è noto da oltre un decennio; quindi abbiamo a disposizione tutte le variabili necessarie e possiamo definire chiaramente gli standard, le esigenze e le criticità. Questo ha portato a un lavoro davvero significativo, partendo da una situazione ben definita. Ci sono però come dicevi altri segmenti, come la riqualificazione degli edifici (per esempio le scuole), che presentano una complessità superiore e una dinamicità maggiore. La buona notizia è che l’esperienza maturata dall’illuminazione pubblica ci permette di adattare i modelli di dati e le metodologie sviluppate anche per la riqualificazione degli edifici.
È fondamentale che la pubblica amministrazione si senta coinvolta nel processo, fornendo dati e riferimenti utili. Avete registrato un’evoluzione in questo senso? Avete riscontrato molte differenze tra contesti urbani di maggiori dimensioni e quelli minori?
Molta dell’attività svolta si basa sull’interazione umana, parliamo sempre a persone. La chiave vincente è stata quella di dimostrare fin da subito il valore di ciò che veniva proposto mettendo in evidenza valori che hanno coinvolto i nostri interlocutori, facilitando così la collaborazione. Gli enti locali hanno un ruolo centrale in questo processo. Molte informazioni sono spesso nascoste in silos di dati e devono essere recuperate. La prima utilità di questi strumenti è fornire una consapevolezza generale ai tecnici dei comuni, chiarendo dove si trovano i dati, quali sono le piattaforme con cui sono organizzati e le criticità. Questa è la base di partenza, e, per raggiungerla, è essenziale coinvolgere i comuni e gli uffici tecnici. Abbiamo spinto molto per rendere gli strumenti il più semplici e fruibili possibile, le analisi sono complesse, ma lo sforzo che abbiamo fatto con ENEA e l’Università dell’Insubria in particolare è stato quello di semplificare l’uso per facilitare l’ingaggio degli utenti. Una volta dimostrato il valore e ottenuti i primi riscontri positivi, la complessità può aumentare ma l’interlocutore è già coinvolto e partecipa attivamente.
L’evoluzione dell’efficienza energetica e gestionale richiama a un processo culturale. È stato complesso far comprendere il valore dell’uso delle piattaforme digitali di monitoraggio?
Si tratta di passare da un’efficienza energetica isolata a una gestione complessiva più articolata, sfruttando al massimo le nuove tecnologie e le opportunità che queste offrono. La pubblica amministrazione locale ha risorse sono limitate, non solo in termini economici ma anche di personale e competenze. Nei centri abitati più piccoli è irrealistico aspettarsi che i tecnici comunali ci siano esperti di blockchain, intelligenza artificiale generativa e di opere pubbliche al tempo stesso. Ma è proprio questa la sfida che il paese deve raccogliere, anche utilizzando strumenti già pronti, certificati da esperti, sia in termini di metodologie che di contenuti. Strumenti che mirano a compensare la mancanza di risorse e a facilitare una transizione obbligatoria, non facoltativa, verso una gestione più digitale e standardizzata. È essenziale che questo cambiamento avvenga, non solo per l’efficienza energetica, ma anche per una gestione complessiva dei territori. Non adattarsi a questa evoluzione comporterebbe un arretramento significativo, che non è sostenibile per un paese avanzato. Abbiamo implementato processi di open innovation strutturati che ci permettono di filtrare sistematicamente le opportunità provenienti dal mondo delle startup, dall’ambito universitario e da altre fonti; e che mettiamo al servizio delle PA. Raccogliamo queste soluzioni in modo sistematico e le valutiamo in base ai bisogni dei nostri clienti e alle esigenze interne per migliorare la gestione dei processi. All’interno della nostra innovation ingegnerizziamo le soluzioni, le validiamo e, se sono adeguate, le trasferiamo sul mercato mettendole in pratica. Sebbene la velocità delle novità sia notevolmente aumentata, siamo ben strutturati per gestire questo fenomeno, è uno dei nostri punti di forza.
Cosa significano oggi per City Green Light i termini Smart City e Smart Land?
Il percorso che porta oggi alle Smart City ha seguito una narrazione particolare, fatta di grandi promesse ma di relativa possibilità di rendere sostenibili alcuni processi. Ma dopo una certa disillusione ora stiamo entrando in una fase più concreta grazie ai primi verticali che mostrano valore reale, come ad esempio la gestione dei parcheggi intelligenti e l’inserimento graduale mobilità elettrica. La strada è ancora lunga, ma noto che c’è una crescente accettazione del termine Smart City perché le soluzioni concrete iniziano a emergere. Per quanto riguarda i centri urbani, sia grandi che piccoli, la differenza la fanno le persone che gestiscono la cosa pubblica. Se trovi una classe tecnica e politica preparata e realmente impegnata per il bene dei territori, si possono ottenere risultati significativi. Sono necessarie visione e competenze e a questo proposito un’opzione potrebbe essere la messa in rete di un certo numero ci comuni su un territorio, per creare massa critica e sviluppare progetti con dimensioni più ampie. Un principio particolarmente valido per progetti di mobilità e intermodalità, per esempio. Integrare dati tra illuminazione e mobilità rappresenterà sempre più un valore.
Vi state occupando di Comunità Energetiche. Cosa ne pensate?
Il tema dell’implementazione di energia rinnovabile è centrale e le best practices per consumare e produrre energia in modo locale e sincronizzato sono fondamentali all’interno delle Comunità che si andranno a costituire anche con l’obiettivo di andare incontro al welfare sociale e alla povertà energetica. Le CER potranno senz’altro contribuire all’evoluzione smart e sostenibile dei territori in un’ottica di sviluppo. Sarà importante monitorare i primi modelli per poi replicare gli esempi migliori a livello nazionale.